Un sacco alla moda: la creatività anti-spreco delle casalinghe statunitensi

2022-05-21 12:44:56 By : Ms. Demi En

«Per vestire con stile e parsimonia, cuci sacchi di cotone». Con questo slogan, un opuscolo pubblicato negli anni quaranta del XX secolo strizza l’occhio alle massaie americane. In copertina c’è una figura femminile stilizzata che sfoggia un abito all’ultima moda: la mano destra tiene un mazzetto di banconote risparmiate, misura concreta della sobrietà necessaria a superare la Grande depressione e il contraccolpo economico dei due conflitti mondiali. Tra il 1930 e il 1950 nelle zone rurali degli Stati Uniti si diffonde l’usanza di ricavare vestiti e tessili per la casa dai sacchi utilizzati per il commercio di farina, cereali, zucchero e altri alimenti sfusi.

Attraverso una serie d’interviste e testimonianze, Kendra Brandes, docente alla Bradley University (Missouri), ha provato a ricostruire l’origine e la diffusione di questa usanza, dimostrando come le nuove scelte di consumo abbiano inciso sul settore produttivo e commerciale. La ricerca Feed sack fashion in rural America: a reflection of culture traccia l’immagine degli Stati Uniti d’inizio Novecento, che per fronteggiare le difficoltà economiche e sociali fa della capacità di adattarsi il proprio punto di forza.

Come spesso accade, in ambito commerciale la scelta di un nuovo materiale è del tutto funzionale all’uso che se ne fa. Fino all’inizio del XIX secolo tutto ciò che era sfuso veniva raccolto in barili di legno. L’utilizzo del tessuto prende piede prima nelle zone rurali per semplificare il trasporto del raccolto o lo stoccaggio dei prodotti destinati alla vendita. I primi sacchi vengono filati e intrecciati a mano, forse un po’ rudimentali ma senz’altro più pratici dei contenitori di legno per essere caricati a dorso di mulo o accatastati in un deposito.

L’invenzione della macchina da cucire ne semplifica la produzione, rendendoli più economici e vantaggiosi: i primi sacchi industriali sono fabbricati in cotone bianco o bruno, marchiato con il logo dell’azienda o del prodotto contenuto. I barili, ormai caduti in disuso, vengono utilizzati come unità di misura per tarare i nuovi contenitori ottenendo la stessa capienza con minore ingombro. Con l’inizio del XX secolo i formati si moltiplicano e successivamente diventeranno le unità di misura per realizzare abiti e arredi fai da te.

Mentre le città si espandono sotto la spinta della rivoluzione industriale, le campagne vivono un tempo differito, risentendo solo l’eco di ciò che avviene nei grandi centri urbani. Anche la moda arriva in punta di piedi: stilisti e marche celebri hanno un target ben preciso, che non corrisponde agli abitanti delle campagne. Inaccessibili ai più, i modelli proposti dagli studi di design diventano fonte d’ispirazione per adattare vecchi abiti o crearne di nuovi, ispirati a stili e fantasie in voga.

Lo scoppio delle due guerre mondiali e la recessione cambiano drasticamente lo scenario della vita quotidiana, incidendo sull’economia a varia scala. Anche la produzione del cotone entra in crisi: quello disponibile viene destinato a divise e paramenti militari, rendendo difficile l’approvvigionamento per l’uso quotidiano. Ciò che prima era scarto ora è risorsa: la tela di sacco diventa una versatile alternativa al cotone da merceria, aprendo la strada ad un cambiamento culturale che avrà un notevole impatto sul mondo dell’industria e degli affari.

Le massaie rappresentano l’inconsapevole nodo di questa nuova catena del riuso. Abituate a far bastare ciò che c’è, iniziano a riciclare la tela di sacco per realizzare indumenti intimi, abiti e vestiti per bambini, tende, tovaglie e arredi per la casa. In breve, i produttori di materia prima si rendono conto che la domanda di determinati tipi di tessuti può influenzare il mercato, sposando l’attenzione dalla materia prima al suo contenitore.

Nel 1930 le principali aziende alimentari iniziano a confezionare i prodotti in sacchi facili da scucire, per consentire alle donne di recuperarne la tela senza guastarla. Alcuni hanno addirittura modelli prestampati all’interno, per guidare il taglio e l’assemblaggio delle varie parti. A questo proposito vengono pubblicate pratiche brochure - offerte in omaggio con i prodotti o con i quotidiani - per suggerire idee e indicazioni pratiche alle aspiranti sarte. Anche i loghi vengono stampati sulla tela con inchiostri idrosolubili, che scompaiono in pochi lavaggi per restituire dignità al tessuto e alla persona che lo indosserà.

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Nel giro di vent’anni – tra il 1930 e il 1950 – la moda del riuso cambia le regole della produzione industriale, costringendo i grandi marchi americani ad adattarsi assecondando le nuove richieste di mercato. Nella sua ricerca, la professoressa Brandes riporta il commento polemico di un commerciante in merito alle nuove esigenze dei clienti (1948): «Anni fa – si legge – erano soliti chiedere ogni sorta di alimento, marche particolari e così via. Ora arrivano e chiedono se ho un pastone di uova in un sacco di cotone percalle a fiori. Non è normale».

Un sacco di tela colorata, soffice e semplice da riutilizzare può aggiudicarsi la preferenza delle potenziali clienti: la scelta spesso ricade su tinte pastello, meglio se arricchite da fantasie geometriche, floreali o disegni ispirati allo stile di vita americano. Tra i più noti, il Kent’s cloth of the United Nations, un tessuto prodotto nel 1944 dalla Percy Kent Bag Company: riporta i nomi degli Alleati e le immagini stilizzate dei principali eventi bellici dell’epoca – incluso Pearl Harbor – per ricordare alle parsimoniose casalinghe che i loro acquisti e sacrifici servono a sostenere la patria.

Nel periodo di massima diffusione, si stima che circa tre milioni di donne e bambini americani abbiano indossato abiti cuciti con tela di sacco. Nel 1943, le dimensioni di questi vengono standardizzate dalla War Production Board, agenzia istituita dal governo statunitense – presieduto da Franklin D. Roosevelt – per sorvegliare la produzione industriale e bellica durante la Seconda guerra mondiale.

Ciò consente di ridurre gli sprechi e semplificare il calcolo del materiale necessario a confezionare un vestito. Per esempio, un sacco di zucchero da 45 chili equivale a quasi un metro di tessuto; per ricavare un abito da donna ne serviranno almeno due. I sacchi diventano merce di scambio con conoscenti e vicini di casa, per ottenere beni di prima necessità o altri tessuti con fantasie che meglio si abbinano ai gusti e al guardaroba delle proprietarie.

Con la fine della Seconda guerra mondiale il mercato alimentare cambia nuovamente rotta. La produzione di carta cresce rapidamente e si adatta agli usi più comuni. Acquistare sacchetti di tela non è più conveniente: per mantenere la clientela femminile non resta che puntare più in alto. Dal 1947 in poi, i produttori di sacchi tessili coinvolgono modellisti e disegnatori per accaparrarsi pattern decorativi all’ultimo grido, in grado d’intercettare i gusti delle signore.

In accordo con enti pubblici e associazioni commerciali (tra cui il National Cotton Council) promuovono concorsi di moda e design rivolti alle amanti del fai da te, desiderose di mostrare le proprie abilità sartoriali e creative. Materiale povero per eccellenza, la tela di seconda mano diventa così l’emblema di un periodo storico in cui le donne dimostrano di poter trarre il meglio dalle risorse a disposizione con metodo, misura e creatività, contribuendo a tessere la trama del sogno americano.

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